Marinella & The President

Hotel President

Sconfortevoli nudità postmoderne.

Lasciamoci alle spalle l’ abboffato senso d’inutilità del rituale natalizio. Immaginiamo dunque di essere belli carichi la mattina del 27 dicembre. Partenza per il mare! Desideravamo tanto tornare in quella pensioncina semplice con le persiane di una volta che lasciavano filtrare la luce del primo pomeriggio durante la siesta. ‘Pensione Marinella’, insegna naïf con il disegno della stella Maris e affaccio sulla ferrovia. Il treno che passava, ti ci abituavi. Tanto tu eri al mare contento; erano gli altri semmai che transitavano.

Non hai più il numero di quella pensione lì, ti tocca cercare su Internet. La località, quella precisa te la ricordi, era la curva prima del golfo. E invece finisci in uno di quei complicati siti con i punteggi e mille rimandi a link e sottolink. Alla fine dopo lunghe ricerche ti sembra di averlo riconosciuto l’alberghetto. Ha un tot di stelle. Forse le aveva anche prima, in fondo chi si ricorda? Sono passati tanti anni. Nei feedback ne parlano bene. “Confort moderno”. Prenoti compilando un ‘form’. Paghi in anticipo con la carta di credito. È fatta. Tutto sommato è una roba comoda prenotare così.

Il viaggio è allegro, non vedi l’ora di entrare in quella piccola reception con le chiavi ordinate nelle loro caselline e il portachiavi a forma di pon pon. Pregusti quell’odore di minestrone e di fettina impanata e del servizio garbato di una volta. A servirti era una cameriera con il grembiulino e le ciabatte. Ricordi le estati con i nonni in villeggiatura con il secchiello, le formine e la pensione completa. Avevi il tuo tovagliolo nella busta e si mangiava cena presto. Ti piace proprio tanto l’idea di ritrovare quelle cose semplici, quel copriletto di cotone color caffelatte e le piccole abat jour tanto brutte da farti compagnia.

Il navigatore ti scodella davanti all’indirizzo. Ma la Marinella dov’è? Qui c’è un rampantissimo ‘The President’.

Ti guardi intorno un po’ disorientata. Il portone girevole come quello dell’aeroporto ti tira dentro e lì ti accoglie una hostess in uniforme. “Benvenuti signori, possiamo effettuare il check in?” E si mette iperattiva alla postazione video mentre tu cerchi con lo sguardo la rassicurante cassetta delle chiavi chiedendoti che cosa c’entri tu con questa cosa qui. “Sa, venivo qui già da bambina con i nonni” accenni timidamente per rompere il ghiaccio. “Ecco qui signori il ‘badge’ – risponde lei senza troppe smancerie – Per cena ‘buffet’ a servizio libero fino alle 2 a.m.”

Ti crolla il mondo addosso. E la chiave con il ciondolo? E la minestrina? E il porta tovagliolo? Va beh, i tempi cambiamo, ti rassicuri, ora siamo quasi nel 2018 e piantiamola di fare i nostalgici!

Un ascensore  ovattato e tutto un fluff di moquette color pastello ti conducono al tuo piano. Stanza 3060. (Che sta per piano terzo stanza sei). Con i badge ormai te la cavi benino, per fortuna. Le trasferte di lavoro all’estero di ti ci hanno abituata. Entri e sei sopraffatta da un caldo terrificante. Cerchi di spalancare la finestra, ma il vetro è sigillato. Moderno. Oscurante. Allora provi a chiamare la reception ma il telefono multifunzione diventa un problema ancora più grande. Non trovi naturalmente gli occhiali. Inizi a schiacciare tasti random finche qualcuno ti risponde. “Signorina, gentilmente qui c’è un caldo atroce, come possiamo fare?”

“Signora la stanza è climatizzata. Per il suo comfort è sufficiente che regoli la funzione ‘fan’ a suo piacimento.” Ah capito. Occhiali. Dove diamine li ho appoggiati?

Finalmente arriva tuo marito con le valigie. Con una calma placida sistema l’inconveniente e la temperatura diventa glaciale. Poi finalmente sopportabile. A questo punto decidi che ti fai una doccia prima di cena. Pardon prima dell’orrendo e pretenzioso buffet con inutili cibi esotici.

Il bagno lo vedi in trasparenza, ora usa così. Fa avveniristico. Le grandi catene internazionali a Shanghai e San Francisco hanno introdotto il trend. Quale trend, scusate? Cioè tu fai la popo’ e il tuo partner ti vede attraverso la parete vetrata. E, peggio ancora, se la scassa dalle risate a osservarti mentre tu cerchi di accendere l’acqua della doccia con improbabili e complicatissimi marchingegni che regolano l’acqua calda e fredda. Devi come minimo essere laureato in ingegneria meccanica per immaginare anche solo come distinguere il caldo dal freddo e prevedere ergonomicamente come evitare di ustionarti. E infatti ti ustioni.

La parete vetrata del bagno probabilmente nasce come un invito all’erotismo. Nella mente perversa dell’architetto, tale strato trasparente è pensato per assaporare le delizie dell’alcova mentre si osserva la propria ‘play mate’ che liscia le sue curve sensuali sotto il fiotto tiepido insaponandosi con abbondante lascivia. Nella realtà c’è la cellulite di tua moglie; lei che nelle vacanze non ha nemmeno trovato un momento per andare dall’estetista e quindi dietro l’orribile parete nemica ti svela anche un paio di polpacci pelosi da esemplare di femmina del paleolitico. Per distrarsi il partner, poveretto, inizia ad armeggiare con la tivù, il decoder, lo streaming, i volumi surround. Qualunque cosa, pur di evitare l’immagine sgraziata della consorte a cui è costretto dall’arguzia perversa dell’architetto. Ovviamente vale anche il contrario. Nella teoria, Mister muscolo si liscia lo zigomo con il dopobarba e l’asciugamano adagiato sulle anche, appena sopra il pube e invece ti sciroppi ta trippa e le chiappe avvizzite del coniuge. Va beh.

Ora a fare la doccia tocca a lui, e già ti immagini uno spettacolo impietosamente identico.

E invece no, lui entra nella doccia e se la gode con una facilità disarmante come se stesse maneggiando rassicuranti manopole d’ottone con su scritto caldo e freddo. Fa solo un po’ fatica a distinguere lo shampoo dalla crema per il corpo ché le scritte sono piccolissime e i colori uguali.
Per par condicio, ad evitare lo spettacolo equanimemente raccapricciante delle sue nudità ti metti anche tu ad armeggiare con il telecomando.

Immagini che sia tutto preimpostato e vai a tentativi per cercarti magari un telegiornale. Fai un po’ di zapping ma… sai che succede? Ti becchi il porno! Ehi, ma tu mica lo volevi! E infatti già pensi con sgomento alla figuraccia che farai quando andrai a pagare il conto e la receptionist ti guarderà con sufficienza, eh vecchia sporcacciona… Allora indignata telefonerai al centralino (o almeno, proverai di nuovo disperatamente a farlo) per lamentarti dell’accaduto. “Senta gentil signorina, va bene tutto, ma il porno io non lo volevo! Ho fatto zapping e me lo sono trovato lì a mia insaputa. È davvero una vergogna!” E lei, con voce algida ma molto competente, ti direbbe: “Guardi signora, è il nostro omaggio Premium, lo offriamo come servizio gratuito ai nostri clienti di lunga data.”

“Ah capito. Sì in effetti venivo qui con il secchiello e la paletta. Ma…e se l’ammucchiata non mi interessasse?”

“Signora, ha solo da non guardarla. Sul tasto del telecomando è ben specificato.”

Huotel beljzjmo per senjuora fine. Perké lej no kontenta?Per me vetro muolto sekxy, se non devo fare di puljtzje, eh!