La maleditzjuone dello scjaquone

Toeletta

Sull’asse del cambiamento.

Oh che carino, l’altro giorno in un bar ho sentito chiedere della ‘toeletta’. L’anziano signore, entrato in evidente costrizione ha chiesto un orzo in tazza piccola e… quella cosa lì. Il prezzo da pagare per usufruire del bagno dunque, è una tazzina di una bevanda alternativa al caffé che, in mattinata, hai probabilmente già preso almeno due volte e non puoi proprio fare tre. La tachicardia, il bruciastomaco e quelle cose lì…. Cattivissimo l’orzo, sempre troppo tiepido e soprattutto esageratamente caro: un euro e venti, a volte un euro e trenta. È talmente ovvio che se consumi un orzo è solo perché te la stai facendo addosso; lo avranno capito i baristi, o no?

E niente, quando l’immondo sorso ( e, mi raccomando, non più di uno!) già ti pesa sullo stomaco e hai pagato, magari ti dicono: “Signora, mi spiace, il bagno è guasto”. “Come sarebbe, guasto?” rispondi, sgambettando per trattenere la pipì. Oppure – e questo pare sia l’ultimissimo ‘trend’ -raggiungi l’agognato gabinetto e non c’è la chiave per chiuderti dentro. Come a dire: ah, ma vuoi proprio farla? Beh spicciati, che in questo bagno chiunque può entrare e scocciarti sul più bello. P.S. Se non lo hai capito siamo più contenti se la vai a depositare da un’altra parte.

O ancora, manca la carta e se la chiedi, ti guardano malissimo: ma che pretese!

La toeletta, o il bagno in linguaggio più comune, fa pensare a un luogo dove rinfrescarti, aggiustare il trucco, fermarti un attimo davanti allo specchio a chiederti chi sei e cosa ci fai in un posto tanto sbagliato. Sì perché di solito la toeletta, anche se il bar si dà arie d’essere ‘chic’ con grandi lampadari e camerieri col farfallino, la raggiungi arrancando in un oscuro cortile, con una piantina ben stampata in mente: “Esca dal bar, con questa chiave apra il portone grande, poi per entrare in cortile usi quest’altra chiave. Poi non la prima, la seconda porticina a sinistra vicino ai garage.”

Entri ed è talmente stretto che con il cappotto, la borsa non sai come girarti; d’inverno, ovvio, ci fa un freddo porco. Di solito c’è un cesso alla turca, e spesso manca la carta. O se c’è, è un enorme rotolo di carta compresso in un contenitore stretto in cui non riesce a girare e tu per strappare un quadratino di carta devi lavorare per venti minuti per muovere il rotolo massiccio e trovare il La, l’inizio, l’incipit.

Poi finalmente è il momento di tirare l’acqua e inizia la fatidica ricerca dello sciacquone. Impresa complicata assai! Ogni bagno ha un suo ‘concept’ e ci devi studiare un po’. C’è quello tradizionale con la catenella (raro ormai); alcuni optano per il grande bottone bianco posto ad altezze e dislivelli diversi caso per caso, qualcuno preferisce dissimularlo in versione nera sul pavimento.

È abbastanza divertente e se non sei di fretta, ti puoi regalare il tempo giocoso di partecipare a una avvincente caccia al tesoro! Se invece vai dal benzinaio, di solito il bagno è grande e non c’è un gancio per appendere il cappotto. Magari lo appoggi sull’ampio lavandino con la borsa ed ecco che in maniera avveniristica parte un getto d’acqua anticipando la tua ida di sciacquarti le mani: Tranquilla, te le laviamo noi! E tu ti trovi il cappotto fradicio e lo smartphone che galleggia nella borsa.

Sarà per quello che in inglese i bagni di servizio chiamano ‘lavatory’? No, a questo punto meglio il termine usato tanto nei treni: ‘ritirata’ o peggio, in quelli tedeschi: ‘Abort’!

Ah, ancora una piccola digressione sul WC dei treni. Grande encomio per nuovi modelli installati sull’alta velocità: che geniale cambio di paradigma! Abbiamo avuto voglia con miliardi di trucchetti a invitare i lorsignori a fare centro. Con frasi, rime, persino moschine e ranocchie disegnate nel ‘water’ per attirare il perfido zampillo. Adesso finalmente è arrivato il cambio epocale!

Asse di cjesso adeso sta su. E se proprjo devi farcela sopra,
tu devi fare kome in kamasutra cum strane positione. Kome dice in tuo paese? Fallo strano!