Ki tace, non piacje

Triangolo delle Bermuda

Una voce nell’urticante silenzio dissenso.

Normale, quando scrivi una storia che ti piace, pensare di proporla a un editore. In uno slancio di pienezza ti vien da pensare che tra tante, almeno una casa editrice possa essere interessata a valutarne le potenzialità, ovviamente le aree di miglioramento; perché no, una possibile vita letteraria nel mondo dei lettori.

Sei consapevole dell’impresa immane nella quale ti stai avventurando e non osi lontanamente immaginare un tempo della realizzazione o anche solo del giudizio. Sai bene che il lavoro nelle redazioni è piuttosto congestionato e che probabilmente a un editor di leggere l’ennesimo bel compitino non potrebbe interessare di meno, però ci provi lo stesso. Se il libro ha una buona energia, pensi con convinzione, si farà strada e si farà notare tra tanti.

Quindi mandi il tuo bravo manoscritto a una ristretta selezione di case editrici che apprezzi e stimi pensando che tra le loro collane ce ne sia qualcuna in linea con il tuo sentire (e scrivere). Di solito funziona così: se mandi il PDF ti chiedono il cartaceo, se mandi la carta ti chiedono il PDF. Se mandi la versione integrale volevano la sinossi e se mandi la sinossi volevano la versione integrale. Se mandi tutt’e due il silenzio cresce in maniera inversa ed esponenziale all’impegno che tu hai messo nel preparare un kit efficace di presentazione.

L’editore (possiamo considerarlo avversario in questi casi), ti fa presente che i tempi sono lunghi e che se entro un tot di mesi non ricevi risposta vuol dire – ovviamente – che del tuo manoscritto non gli importa nulla. Il lasso di tempo può variare da quattro mesi a un evo, addirittura a un tempo infinito. In questo caso il romanzo lo trovi pubblicato dopo esserti reincarnato, e magari tre volte. In ogni caso dal momento del primo contatto si apre il baratro del silenzio; più nero e insondabile delle profondità oceaniche nel triangolo delle Bermude.

Raramente ti arriva un cenno. Se arriva è una sorta di risposta automatica in modalità copia e incolla che ti dice – in una frase che va bene suppergiù per tutti – che il tuo romanzo, sebbene apprezzabile, non rientra nell’attuale programmazione editoriale. Questo, sappiate, per noi scrittori è già un apprezzabile motivo di soddisfazione. Mica per il contenuto della risposta, ma solo perché qualcuno si è degnato di scriverti due righe.

Se l’editore è straniero, ho sperimentato che invece la risposta è dedicata a te, proprio a te. Spesso è gentilissima. Lo scrivente ti ringrazia per la tua proposta e per aver pensato al gruppo editoriale per il quale lavora. Se non sono interessati te lo dicono dritto, senza fronzoli e con rispetto, magari scusandosi per il ritardo nel risponderti (puoi capire, si tratta massimo una settimana). Infine ti augurano tanto successo e tutta la sacrosanta soddisfazione che ti meriti.

In Italia perlopiù vale il silenzio disinteresse, altresì detto il Silenzio delle Bermuda, rotto quando ormai sei rassegnato e quando meno te lo aspetti, da sporadici quanto squisiti slanci di umanità e da preziose indicazioni sul tuo manoscritto. Che in ogni caso raramente sembra essere in linea con la programmazione editoriale, anche se tu sei ben disposto a fare importanti interventi di editing e, financo, a riscrivere tutta la storia! Casi di rarissimo afflato professionale, ad ogni modo.

Voglio raccontarvi la mia storia bella con Valentina e Rossana che appena un anno fa hanno dato vita a un nuovo progetto editoriale, Voce in Capitolo. Sono due editrici come le vorresti tu. Normali, prima di tutto; educate, perché rispondono al telefono e alle mail. No, non ridete, sono seria. Senza questa gentilezza non può nascere un bel niente, anche se da una parte e dall’altra ci si sente già strafighi nell’olimpo dei vincenti. Naturalmente nella nostra collaborazione c’è ben di più. Vi dico che le ragazze sono colte, critiche e dotate di gradevolissimo senso dell’umorismo. Solo così poteva crescere la bella intesa sul progetto Vita Rjustika. Nata sotto la buona stella di un dialogo curioso e simpatico, fiorisce procacemente ben oltre l’ottima attività di editing, la pubblicazione e la vendita del romanzo.

Doti tipiche di un editore? Sì, che pur tuttavia nella maggior parte degli casi si perdono affondate in quello che si può solo definire l’urticante Silenzio delle Bermuda, grande buco scuro che tutto inghiotte e di nero colora.

Le Bermuda, by the way, sono anche quei patetici calzoni a pinocchietto tagliati appena sotto al ginocchio. Li può indossare solo una ‘top model’; chiunque altro ci provi, può somigliare solo a un würstel. Ecco, mi viene in mente questa immagine per dire che un certo tipo di silenzio – come le braghe a tre quarti e infradito – se lo possono permettere davvero in pochi. A rispondere con garbo e in tempi decenti invece, ce la si può davvero fare. E porta sempre bene, perfino nei casi apparentemente più disperati.

Così, ben lungi dal nulla dei foschi abissi e anche dal più brutto look metropolitano che si sia mai visto negli ultimi 50 anni, noi tre si lavora bene insieme, si condivide, si progetta. Si cresce in bellezza e soddisfazioni. Ebbene sì, un miracolo senza troppi miracoli che si nutre anche di semplici e garbati cenni di riscontro.

Pruoverbjo di mio paese dice ki tace akuonsente’.
In lavuori konceptual ki tace, solo maledukat.