Dimmi kome lo kiami e ti dirò ki sej

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Un’enciclica sul Ciclo.

Il ciclo, ormai lo si chiama così. Anche se ad essere precisi il ciclo dura altro che 4 giorni: ne dura ben 28 come l’abbonamento telefonico.  Il ciclo femminile è quell’ambaradan caratterizzato da umori alterni, spesso mefitici che, dicono, segua i ritmi di lune e maree. In realtà per molte di noi preferisce decisamente far di testa sua, così, giusto per peggiorare gli umori di cui sopra.

In ogni caso, a rigor di logica, il fastidioso evento conclusivo – in termini scientifici denominato mestruo – dovrebbe chiamarsi (triste o fortunata) fine ciclo. Se vai di pari passo con il tuo abbonamento telefonico sei a posto, riceverai sempre un SMS.

Mi rendo conto che chiamarla mestruazione sia assai antipatico anche per quell’ insana inversione di consonante e vocale che ti farebbe dire mesturazione e invece no. Che già così, è ben brutto.
Per non parlare del menarca che, scritto e sancito sui tuoi primi libretti medici, ti faceva venire in mente un brutto figuro muscoloso, una specie di Caronte che ti aveva traghettata senza troppe smancerie nel mondo adulto (e con tanto di pannoloni, all’epoca ancora odiosamente senza adesivo).

Comunque, diamine, quei nomi scientifici proprio mal riusciti…

Come il pene, a dir la verità. Ti fa tristezza da morire anche se in situazioni giuste lo è tutt’altro, mostrando una gagliarda propensione a essere chiamato in maniera più ruspante e onomatopeica. I nomi quelli che vanno più o meno per la maggiore li conoscete da voi, non è il caso che vi rinfreschi la memoria.

Anche il mestruo ha tantissimi nomignoli, decisamente più fantasiosi. Sono appellativi molto privati ed evocativi che talvolta si tramandano di generazione in generazione.

Le signorine beneducate di un tempo solevano dire con voce flautata e lo sguardo un po’ traverso e sfuggevole: ‘Ho le mie cose’ oppure ‘Sono indisposta’.

Mia mamma lo aveva soprannominato al maschile, ‘il Gigi’. Carino, ma era un nome che non mi sembrava proprio adattissimo al contesto; lo trovavo forse troppo divertente e topoloso, in netto contrasto con la tortura che la questione comportava. Ti trovavi la macchia malefica nelle situazioni più sbagliate e potevi solo ringraziare il Gigi. No. Ci andava un nome decisamente più incazzoso.

Lo avevo ribattezzato il Ragnagnà anche per quel suo contenuto da gran complicazione che portava con sé manifestandosi ogni volta con scocciature diverse. Un giorno prima, un giorno dopo, una settimana dopo (panico!). Oppure, di brutto: salto a piè pari, quando già eri lì che rosicavi.

Le mie compagne di classe le chiamavano le Bastarde. Certo, perché se le tue cose stavano per venirti, stai pur certa che facevano la loro odiosa comparsa per la gita scolastica di fine anno, per il tuo primo appuntamento con il tipo della 4 B, per lo scritto della maturità (che non puoi uscire dall’aula e andare in bagno nemmeno se ti stai dissanguando).

Un giorno per strada colgo il dialogo di madre e figlia che nel tour delle commissioni mattutine progettano, già che ci sono, di passare in farmacia a comprare gli assorbenti per via che ‘stanno per arrivare le Piogge’. Il sole quel giorno spaccava, ma probabilmente quello che evocavano le fantasiose pulzelle doveva essere un evento meteorologico piuttosto inconsueto per il quale i tradizionali mezzi anfibi della protezione civile non sarebbero bastati.

Ma il nome più azzeccato è quello che ha ipotizzato mia figlia ancora piccolina, sempre curiosa di certi miei fenomeni di umore un po’ instabile. ‘Eh, sai quando aspetto le mestruazioni sono un po’ nervosa…’

‘Mamma ma che cosa sono esattamente queste mescolazioni? È per quella cosa lì che sei così antipatica e fai tutto questo casino che ti cambi cento volte e non ti va mai bene niente? Ma cosa si mescola esattamente dentro di te, che non ho capito?’

Per me è il nome più azzeccato perché è proprio vero. È quando una volta al mese ti si rimescola l’anima e vorresti mettere tutto in discussione. È quando vorresti buttare l’impossibile fuori dagli armadi e che se la vedano poi gli altri a rimettere a posto. È quando vorresti dire un bel vaffa e rivaffa sparato nelle quattro direzioni cardinali. Poi magari ti viene l’idea geniale e decidi di aprire una nuova attività. La supposta alata. Servizio ‘on bike’ di parafarmaci a domicilio, compresi i Tampax che non li hai mai quando servono…

Adesso, con un moto di nostalgia, ora che le ho perdonate e lasciate andare le chiamo le Adorabili. Vengono alle altre. E mi lasciano finalmente in pace.

Per me anke, skocjatura Cjkluopika. Am kiamata Cjklo per abbrevjatie.