Breve vjta alla kuolomba!

Sorpresa, cioccolato

L’inganno della sorpresa perpetua.

Ho disfatto l’albero di Natale oggi, 21 marzo. Un po’ per pigrizia lo ammetto, un po’ per godermi l’albero (finto, peraltro) e i pochi addobbi rimasti dopo le incursioni del gatto.

Del resto siamo entrati nel tempo del Natale perpetuo, angosciante concetto commerciale che, in piena rivoluzione 4.0, possiamo annoverare come nuova leva marketing, ovvero la celebrazione aumentata. A inizio febbraio sui ripiani dei supermercati trovi uova di Pasqua e colombe, e vale anche per i panettoni che iniziano a tormentare i nostri livelli glicemici già in ottobre… Gli scherzetti e mostrilli portati in dote dall’americanissima festa di Halloween, ce li propinano da settembre a gennaio. E comunque lascerei volentieri agli americani la loro festa mortifera che qui è diventato solo un macabro e bieco mercimonio di ragnatele, teschi e dolci cazzuti.

Insomma, vorrei mettere un pochino di ordine su certi scaffali, se siete d’accordo.

Un tempo, la colomba la faceva la nonna. Mantecava l’uovo e il burro, poi impastava con la farina e ricopriva con glassa e mandorle. Infornava, e dopo pochi minuti sentivi già quel magnifico profumo di pan di spagna e canditi e tutta la gioia nella rinascita della Pasqua che rallegrava la casa. Con la sua forma soffice la colomba della nonna trionfava in centro tavola, circondata da una coreografia di colori pastello: uova decorate, il dolce tipico di ricotta e uvetta, insieme a rami di ciliegio e profumi di primavera. L’uovo di cioccolata era il meritato trofeo dopo un anno di attesa e comunque non potevi aprirlo che dopo quella magnifica e abbondante colazione, così non ti veniva voglia di mangiarne nemmeno un triangolino.

Chissà qual era la sorpresa? Magari ti capitava anche quella da maschio, ma che importava! Anzi, il bello stava proprio in quella incertezza. Così magari ti toccava barattare la tua macchinina con tuo cugino che invece si era trovato una collana di perle colorate o qualcosa del genere. Ma era un rituale carino, faceva parte della festa che avevi aspettato paziente per 364 giorni. Poi in realtà no perché la data della Pasqua cambia sempre e non l’ho mai capita questa cosa. Ma comunque.

Ora no, gli uovoni sgargianti delle grandi aziende con decorazioni (anche brutte) e gli indispensabili codici M ed F si fanno la guerra al discount in file ordinate, soprattutto negli scaffali bassi. Madri affrante che ogni volta che fanno la spesa devono discutere con i figli:
“No tesoro, adesso non lo prendiamo ancora l’uovo; lo riceverai a Pasqua.” (Ribadisco: la scena avviene ai primi di febbraio)

Eccerto… Alla fine per fortuna, dopo capricci, discussioni, sceneggiate, si trova l’accordo. Tu, povero genitore che a fatica sei riuscito a mediare con tuo figlio che t’inchioda all’evidenza con dichiarazioni disarmanti tipo “Gli uovi sono qui per comprarli a noi bambini” alla fine metti il cuore in pace. Sistemi il fottutissimo uovone kitch nel carrello facendoti promettere che non bisogna più pensarci fino a Pasqua (dalla scena del misfatto, calcolare appunto due mesi abbondanti).

Arrivi a casa provando a pensare a un posto dove nasconderlo per bene, che è anche ingombrante e ha quella carta odiosa che fa skrrrr quando la tocchi e lo riponi attenta a non sgualcirlo o fracassarlo (che ti verrebbe anche voglia!)

Il pensiero di saperlo lì solo e intonso al buio dello sgabuzzino titilla le tue serate, soprattutto quando ti acchiappa quella dannata voglia di cioccolato mentre guardi un film d’amore. E di nascosto, mentre la creatura dorme profondamente ti avvicini all’oggetto del desiderio, ovvero mezzo chilo di cioccolato al latte. Ti fermi, tenti di resistere. Ti guardi intorno circospetta. Poi crolli e vai ad aggredire la sacralità del tuo regalo Pasquale. Difficile non fare rumore, ma hai la soluzione; per spacchettarlo vai sul balcone nel gelo degli otto gradi sotto zero di inizio febbraio.

Il risultato è che tu, madre ciocco-dipendente ti senti una schifezza e che ti tocca comprarne uno nuovo, sapendo che tuo figlio/figlia tiene ben d’occhio il nascondiglio e che probabilmente ti ha bell’e che sgamata. Anzi, peggio, lo scopri anni dopo quando durante una lite la creatura in piena rabbia adolescenziale magari ti rinfaccia: “… E sei anche quella che mi mangiava le uova di Pasqua di nascosto!”

Beh, a questo punto sistemando il mio albero ‘sempre-natalizio’ in sgabuzzino a inizio primavera, mi sento finalmente libera dal giogo delle feste. Non che le detesti, anzi. Le patisco così, private della loro anima.
Cosa è rimasto oggi di quella bella sorpresa?

Uova a parte…Ma perché allora questa dilatazione del rituale festa non vale anche per la festa della mamma e della donna? Una cosa tipo che una bella mattina di novembre (escluso il 2!) ricevi un bel mazzo di fiori (e non mimose per favore), cioccolatini e un abbraccio affettuoso?
No, quello no. Rimaniamo strette (di giorni e di speranze) nella nostra festa dell’8 marzo, sempre triste o forse più ciarlona per qualche tipa rampante invasata a tastare le polpe di qualche maschione sudaticcio tra impiegate e mogli arrapate. Poi si continua per 363 banalissimi giorni di uova, colombe, insipidi panettoni, mostri di cioccolato. Materie prime pessime, packaging anche oltre.

A voi, eroi, spiriti liberati dal giogo dell’uovo compulsivo, un piccolo suggerimento. A Pasqua per fare una bella sorpresa regalate Vita Rjustika, che racconta una storia di rinnovamento e creatività. Lo trovate anche in versione e-book.

E niente, ora lascio la parola alla nostra Rjustika per spronare noi tutti a riprenderci il nostro sano spirito della festa.

Unika festa per tuto anno? Festa de la mama e de la duona. Cum respecto et tanti di gratzje.  Tj do jo una bela sorpresa: ruose e fjuor su skafali, invece di Uove Pasqual.