Cjesso di gamma

Top di gamma

Confessione primordiale di un acquisto low profile.

Sì, lo ammetto. Sono stata una delle poche e inspiegabili intestatarie di una Elba innocenti. All’epoca solo due modelli la superavano in bruttezza: la Ritmo e la Duna. Ma andiamo con ordine; non è come pensate voi, adesso vi spiego. Avevo deciso di cambiare macchina e, per una volta, di prenderla nuova e fiammante, sedotta inizialmente dall’idea di guidare, dopo tanti anni di scocciature con carrette di seconda e terza mano, la mia topolona ancora tutta illibata nel cellophane. Il budget una volta tanto mi permetteva di prendere in considerazione anche modelli simpatici.

Per pochi istanti mi lascio sedurre dall’idea. Poi già mi vedo arrancare sulla rampa elicoidale del garage multipiano e sfregiare di brutto il fanale. Immagino il mio gioiellino fiammante solo e indifeso la notte, brutalizzato e graffiato dal primo tamarro preso male. O bollato a tradimento dalla ‘sciura’ imbranata nel parking del supermercato. Nell’insieme, un’idea intollerabile.

Per non parlare dello stile di vita di noi, utilizzatori. Modello famiglia allargata con un adolescente e un bebé. Gruppi musicali, vacanze in tenda, cani e canarini. Tutti in perenne trasloco con passeggini, tastiere, cicche, scale e scope, barattoli di vernice, compost per i fiori. Ah sì, anche cioccolatini spiaccicati, peli di cane, vomito da mal di macchina, spesa dimenticata nel baule a luglio. E a breve, le prove di guida per la patente. Ecco, insomma, che mi acchiappa una specie di consapevolezza.

Mi oriento a desiderare l’indesiderabile, ovvero un modello al quale essere meno visceralmente attaccata con il primo vantaggio di sentire di non averne nemmeno più tanto bisogno. Molto zen, passo in rassegna una serie di nuove possibilità che mi liberino dalla compulsione del possesso. Una Elba sembra la soluzione migliore. Costa poco e, detto proprio pragmaticamente, è una station wagon a pinocchietto e non dà minimamente nell’occhio (nemmeno se fai inversioni a U in tangenziale). Dunque mi reco dal concessionario e iniziamo una gradevole chiacchierata per definire un pochino i contorni di questo mio acquisto dal vago intento declutter.

In realtà io ho già deciso, ma faccio finta di fare la difficile, o quantomeno l’indecisa. Il venditore, in assetto commerciale rafforzato, con tanto di cravattone rosa e gemelli, inizia a decantarmi i ‘plus’ della vettura che, parola di Quattroruote, nel suo segmento è un gioiellino. Quale segmento dico io, e lui arrossisce un po’. Poi, per convincermi aggiunge: “Signora, parliamoci chiaro: nei modelli Top di gamma non abbiamo nulla da invidiare alle tedesche.”

Ussignur, ti immagini un magnifico BMW station wagon antracite metallizzato con interni di radica e poi guardi miserevole l’obbrobrio color rosso pennarello e annuisci un po’ contrariata. “E comunque abbiamo in promozione due optional di lusso: la cappelliera e il servosterzo. E, volendo un look più grintoso – si vede che lei è una guidatrice sportiva – possiamo aggiungere anche dei bei cerchi in lega.” Ah, okkei.

Insomma, fatemi capire: se per l’obbrobrio esiste un top di gamma, nella mia flebile logica cartesiana ciò significa una bruttura moltiplicata all’eccesso. Propendo dunque per il basso di gamma. Anzi, il cesso di gamma.

Vedo l’addetto rampante in leggera difficoltà. Me la gioco e faccio la restia. Guardi, magari ci penso ancora un attimo… Poi, cosa vuoi, ti viene la tenerezza ché magari è il suo primo giorno di lavoro. Così, faccio la sympa, lo prendo in disparte e con voce flautata gli sussurro: “Posso farle una confessione?” “Ma certo Signora!” mi risponde tutto ben preso e super efficiente, estraendo dal mobiletto i moduli da compilare.

“Io questa macchina la compro soltanto perché è la più brutta sul mercato. È scialba e nessuno la nota, o la riga o la ruba. No, anzi, è talmente brutta che a chi mi sta in coda al semaforo probabilmente non viene nemmeno voglia di tamponarla.”

Lui inizialmente trasalisce poi, remissivo, mi segue nel ragionamento e aggiungo in stile sadomaso che se per caso ad ammaccarla sono io, capace che provo anche una certa soddisfazione.

Allora aggiungo. “Se vuole convincermi dei suoi ‘plus’ non la compro. Se invece finalmente si placa e la smette di arrampicarsi sui vetri ci accomodiamo su queste belle poltroncine in finta pelle e compiliamo il modulo di preacquisto.” “Signora, ancora un piccolo suggerimento mi consenta, eviterei il rosso Ferrari che impegna un po’. Le posso suggerire un colore un po’ più neutro? “Invisibile, vuole dire?” “La prenda di questa nuova tonalità, Signora. Va molto di moda quest’anno” dice puntando il dito su un orrido pantone nella palette di colori e aggiunge sornione: “In perfetta nuance con il suo paletò, tra l’altro. E vedrà, mi darà senz’altro ragione.” “Sì, in effetti ricorda un po’…”  rifletto ad alta voce.

“Come vogliamo definire questa nuance, Signora? – si carica lui – Ruggine? Mattone? Autunno? Terra bruciata?”

Cesso

“Sì, ecco.” 

Questo per me rebus: mja senjuora bela e fijne kuomprato makina brutjsima e sfjgat. Lej impazjt!